Sorseggiare un bicchierino di vino passito: per molti è una tradizione delle festività, per tanti altri è un irrinunciabile rito delle occasioni speciali tutto l’anno. E c’è anche chi ama concederselo per chiudere in bellezza un pranzo o una cena, semplicemente e senza che ci sia un motivo particolare. Ma cos’è il passito, esattamente? Le sue origini risalgono davvero alla notte dei tempi. Egizi, Romani, Greci: molti popoli antichi usavano lasciar appassire l’uva al sole, per poi ricavarne una dolce bevanda. Vi abbiamo incuriosito? Approfondiamo, allora. E vediamo anche come fare il vino passito a casa!
Cosa sono i vini passiti
Sottoporre le uve ad appassimento: questo è lo step fondamentale per ottenere i vini passiti, e del resto si intuisce facilmente dal termine stesso. Man mano che le uve appassiscono, aumenta la percentuale zuccherina e al contempo si riduce l’acidità. In più, si sprigionano aromi più intensi.
I grappoli vengono lasciati sulla pianta e, quando raggiungono il giusto grado di maturazione, si procede con la cosiddetta vendemmia tardiva. In alternativa è possibile raccoglierli e collocarli in ambienti con umidità e temperatura controllate, aspettando – appunto – che appassiscano.
Si possono usare uve sia bianche – scelta più frequente – che rosse; nel primo caso il risultato è un vino dorato con sfumature ambrate, nel secondo il colore vira verso il rubino o il violaceo (dipende dal grado di maturazione dei frutti). Però attenzione: non tutti i vitigni sono adatti, bisogna prediligere quelli con un elevato livello di acidità e aromaticità. Per esempio il Moscato, lo Zibibbo, il Malvasia.
Come si fa il vino passito
Regola numero uno: mai aggiungere zucchero. Le quantità che si sviluppano naturalmente durante il processo di essiccamento sono più che sufficienti. Per fare il vino passito bisogna innanzitutto selezionare uve non troppo mature e perfettamente sane, controllando ogni singolo chicco.
A questo punto inizia il processo di appassimento: se può avvenire all’aria aperta è meglio, altrimenti serve un luogo ben arieggiato. Dura dalle 6 settimane ai 4 mesi: entrano in gioco diversi fattori tra cui il meteo e il tasso di umidità. Importante è controllare i grappoli almeno una volta al giorno, eliminando subito quelli che eventualmente presentano segni di muffa o comunque appaiono danneggiati. Questa è la fase in cui l’uva si disidrata, perdendo acqua, e di contro aumenta la concentrazione di zuccheri.
Dopo almeno 6 mesi è possibile procedere con la torchiatura, cioè la spremitura della vinaccia fresca. Quindi inizia il periodo della fermentazione, che terminerà quando il vino raggiungerà i 15° e i lieviti cesseranno spontaneamente l’attività di trasformazione dello zucchero in alcol. La fermentazione può durare un paio di mesi, a volte anche 3. Infine si travasa il vino, in bottiglia o preferibilmente in botti di legno: permettono di mantenere intatte le fragranze e agevolano l’areazione.
Come abbinare il passito
Dolce, aromatico, delicato ma non troppo, morbido e fruttato. Il passito è un vino da dessert e si consuma perlopiù a fine pasto. Gli abbinamenti ideali sono quelli con i biscotti, cantucci in primis, ma anche piccola pasticceria secca e crostate di frutta acidula. Molto interessante è inoltre l’accoppiata con i dolci a base di cioccolato, il cannolo siciliano e la cassata.
Se vogliamo sperimentare, però, possiamo provare il passito con formaggi erborinati (il gorgonzola, per esempio) o di lunga stagionatura, anche caratterizzati da note piccanti. Sono contrasti da veri intenditori! Un’altra dritta: in autunno, il passito va a nozze con le castagne arrostite.
Come conservare il vino passito
Una volta aperto, il vino passito si conserva in frigorifero. Per preservarne il sapore, le proprietà organolettiche e il bouquet aromatico, però, dobbiamo tapparlo bene e collocarlo nella parte meno fredda dell’elettrodomestico.
Prima di servirlo, lasciamolo fuori per un po’: il passito bianco è bene che raggiunga i 10-12 gradi, per quello rosso dovremmo restare sui 14-16 gradi.
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